TRIVIGNANO (VE) – AMANTEA (CS) viaggio in Bici 2015
Un altro viaggio, un’altra avventura, altre storie da raccontare; non che le nostre gesta siano così epiche ed eroiche da meritare particolari attenzioni, ma il raccontare diviene rivivere, diviene condivisione di esperienze, significa guardare con più sobrietà gli episodi negativi, sorridere di quelle situazioni che in un primo tempo avevano creato tensioni.
Venivamo dall’esperienza dello scorso anno, Trivignano (VE) – Piaggine (SA), sette tappe pedalate più un giorno di riposo, così quest’anno ci sentivamo più preparati, almeno psicologicamente. In linea di massima sapevamo quello che ci aspettava, ma non avevamo fatto i conti con un nuovo subdolo e invisibile nemico: il caldo. L’anno scorso era stata una stagione anomala, freddo e brutto tempo al nord, bel tempo e temperature miti al sud, stavolta le cose sono radicalmente cambiate.
Dicono che quella del 2015 sia stata una delle estati più torride in assoluto: confermiamo, ci sono stati giorni in cui le temperature medie durante la corsa sono state di circa 38° con un sole implacabile che martellava da mattina a sera e l’afa a peggiorare ulteriormente le cose; a ben poco valevano le innumerevoli soste alle fontane (ma anche nei cimiteri e nelle case private) a placare la sensazione di sete continua, ci bagnavamo dalla testa ai piedi, ma dopo pochi minuti eravamo già asciutti e con l’acqua in borraccia ci si poteva tranquillamente fare il thé.
Così abbiamo dovuto scendere a più miti consigli, le preventivate otto tappe (tutte in bici) sono diventate sette, più un trasferimento in furgone; ma la cosa divertente è che nonostante una tappa in meno, alla fine i chilometri pedalati sono stati gli stessi preventivati per otto giornate. Miracoli stradali, penserà qualcuno; molto più banalmente le tracce caricate sul GPS in alcuni casi si sono rivelate impercorribili, costringendoci ad allungare notevolmente i percorsi. Le cause? Semplice, chi aveva progettato il percorso si era avvalso di programmini computerizzati, ma non avendone trovati di soddisfacenti per la bicicletta, ha pensato bene di utilizzarne uno per gli spostamenti in auto, affiancandolo ad un altro prettamente escursionistico; risultato finale: in molte occasioni l’antipatico aggeggio satellitare ci voleva far transitare per stradine forestali sterrate, tratturi e sentieri da capre, così per riportarci sulla retta via dovevamo inevitabilmente allungare il tragitto. In particolare nella terza tappa, nei dintorni di Spoleto, ci siamo talmente ingarbugliati da trovarci a tarda sera sperduti fra le montagne umbre tanto da dover chiedere l’intervento del furgone appoggio.
L’anno scorso avevamo scelto come meta Piaggine (SA) , nel Cilento, terra natia della mamma del Meticcio; stavolta la destinazione finale è stata Amantea (CS), in terra calabra, ospiti della storica magione paterna dell’amica Assunta, leader mondiale dell’insegnamento di balli popolari.
La squadra, rodata dalle esperienze precedenti, è stata di tre ciclisti (forse pedalatori è la definizione più corretta): Roberto C. (il Meticcio, sciagurato pianificatore di viaggi), Giuseppe B. (Bepi, il Beppone, indomito guerriero contro le angherie del malefico GPS), Giorgio F. (il Giorgione, massacratore di bici, che incredibilmente quest’anno non ha avuto alcun guaio meccanico, a parte l’unica foratura dell’intero viaggio). Il furgone appoggio si è avvalso di Lorella alla guida e di Nevia a far da navigatore. Per i pernottamenti avevamo già prenotato anticipatamente i B&B lungo tutto il tragitto, solo il Meticcio poteva, a parte qualche eccezione, scovare dei posti così ameni e sperduti, comunque sempre accoglienti e ospitali con costi contenuti.
Anche in questa occasione abbiamo privilegiato un percorso interno, principalmente montuoso, a parte la prima tappa, nel cuore degli Appennini, transitando a volte per paesini e borgate dove la gente ci guardava stralunata: una rarità i ciclisti da quelle parti; passi e valichi sconosciuti, mai sentiti nominare prima,
un’altra Italia tutta da scoprire, luoghi che meriterebbero maggior valorizzazione e rispetto. Il viaggio, una continua sorpresa: i borghi medioevali dell’Umbria e dell’ Abruzzo, paesini arroccati su cocuzzoli rocciosi come nidi d’aquila, le forre del Molise, i boschi della Basilicata, la maestosità del Pollino; e poi la Calabria, il mare, la storia, la cultura, la Sila, il buon cibo. Da rimanere frastornati da tanta bellezza, e tutto meriterebbe visite più accurate, ma accontentiamoci.
Altro capitolo: il traffico automobilistico, notoriamente acerrimo nemico dei ciclisti; in tempo di vacanze e quindi di spostamenti di frotte di gente, può capitare di rimanere imbrigliati nel caos, invece nel nostro caso abbiamo pedalato in assoluta tranquillità, a parte qualche contaminazione nei dintorni delle città più grosse; durante il percorso quando vedevamo comparire la scritta “statale (SS)” subito scattava l’allarme traffico, anche perché dalle nostre parti le statali (vedi Castellana, Miranese ed affini), sono dei veri e propri gironi danteschi. La nostra grande meraviglia quindi nel trovarle semi deserte; da considerare però che a certe ore e con quelle situazioni climatiche solo i pazzi potevano mettersi in strada. La costruzione di nuovi assi viari autostradali ha praticamente svuotato le vecchie vie di comunicazione, la statale 19 delle Calabrie, per esempio, che abbiamo percorso per più giorni, a tratti sembrava una pista ciclabile, magari le manutenzioni lasciavano un po’ a desiderare, il fondo stradale non era proprio un biliardo, ma che goduria pedalare senza continui strombazzamenti e le puzzolenti zaffate dei gas di scarico.
Di seguito troverete il resoconto del viaggio tappa per tappa, corredato dal percorso e da altre notizie tecniche, più qualche foto di pessima qualità. Terminiamo questo breve prologo con le parole del grande viaggiatore/esploratore anglosassone Bruce Chatwin: “ L’essenza del viaggiare non è la meta da raggiungere, ma sta tutta nel viaggio in sé”.
Se ne avrete la pazienza, buona lettura.